Il racconto di Tatiana Sorocan, Country Director di HelpAge International in Moldova, che ha viaggiato con alcuni colleghi per visitare uno dei tanti centri per rifugiati in Moldova che sono sorti da un giorno all’altro.
Pochi giorni fa, il Centro per la Protezione delle Sopravvissute alla Violenza nel sud della Moldova era uno spazio pacifico, allestito come rifugio temporaneo per le donne vittime di violenza domestica.
Ma ora risuona dell’eco della guerra scatenata dalla Russia il 24 febbraio 2022, aprendo le sue porte come primo scalo per i profughi in arrivo dalla vicina Ucraina.
“Da tre giorni il Centro ospita 30 rifugiati. La metà di loro è partita stamattina per una futura destinazione. Ma altri stanno arrivando e ce ne saranno altri in arrivo”, afferma Svetlana, direttrice del centro.
“Sono molto traumatizzati e non sono pronti a parlare della loro situazione”, dice Aliona, la psicologa del centro. “Ma soprattutto, non riescono ad accettare ciò che gli è successo”.
Ho incontrato quattro persone che alloggiavano nel Centro, insieme ai loro figli. Provenivano tutti dalle regioni di Odessa e Nikolaev, dove avvenivano sparatorie, bombardamenti e cadevano missili mentre parlavamo.
“Siamo fortunati ad essere qui”, hanno detto tutti all’unanimità, perché sia Odessa che Voznesensk sono ora in rovina.
“Siamo preoccupati per le nostre famiglie. I miei vecchi genitori sono dovuti restare e i miei amici non sono riusciti a scappare”, racconta Marina, fuggita con il figlio piccolo.
Un’altra donna, Lena, era fuggita con la sua bambina di due settimane in braccio. Sua madre di 75 anni e sua nonna di 93 anni sarebbero arrivate più tardi quel giorno.
“Ho convinto mia madre e mia nonna a venire in Moldova e il Centro ha organizzato un alloggio per noi, insieme”. Sorrideva e sembrava felice di questo. Il primo e unico sorriso che le ho visto fare durante la nostra visita.
Tutti hanno affermato di non avere certezze rispetto il loro futuro, di essere angosciati dalla guerra e di non sapere dove andare dopo, quale sarebbe stata la loro prossima destinazione.
Sergei, un uomo arrivato con i suoi due figli, ha detto che voleva che la sua famiglia si stabilisse in Bulgaria e poi lui sarebbe tornato in Ucraina, per aiutare il Paese.
Le donne volevano rimanere in Moldova, aspettare che le cose si fossero sistemate in Ucraina, e poi tornare. “Vogliamo tornare a casa, non vogliamo che la guerra continui, ma abbiamo paura che continui ancora per un po’”.
Marina ha detto di essere molto preoccupata per lo shock e il trauma che i suoi figli hanno subito e per come potranno continuare gli studi, all’università e a scuola. I suoi occhi già gonfi si sono riempiti nuovamente di lacrime, mentre il ragazzo si rifiutava di comunicare. Vuole tornare dai suoi amici in Ucraina.
I bisogni più grandi che hanno tutti in questo momento sono connessi al trovare un alloggio a lungo termine, alle loro finanze in rapido esaurimento e alla mancanza di denaro, ai problemi con le carte d’identità e i passaporti – perchè la maggior parte dei bambini non ha documenti – e infine a come trovare un possibile lavoro. Inoltre, c’è un enorme bisogno di supporto psicologico per gli anziani e i bambini, per ristabilire un equilibrio dopo il danno arrecato alla loro salute mentale.
Lasciamo le famiglie con un sentimento di indignazione, ma anche frustrazione per questa guerra che è stata scatenata nel 21° secolo e ha portato tanta sofferenza, dolore e morte.
È una situazione straziante.