Gli anziani italiani sono ancora poco social. Meno della metà rispetto ai loro coetanei europei. Il loro interesse per la tecnologia digitale ed i social network è però in crescita: dal 2013 al 2016 la popolazione over 65 che utilizza Facebook, WhatsApp o Youtube è salita dal 3 al 7 per cento. Il dato medio sull’utilizzo dei social network in Europa invece è pari al 16 per cento.

Il trend italiano è misuratamente positivo, ma conferma quanto ancora nel nostro Paese il “digital divide” tra le vecchie e le giovani generazioni sia ancora marcato. È il risultato di uno studio recentemente presentato a Milano e condotto nell’ambito del progetto ‘Ageing in a Networked Society‘, coordinato da Emanuela Sala, docente del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dall’Università Milano-Bicocca e sostenuto da Fondazione CariploI ricercatori hanno analizzato un campione di oltre 32mila europei, tutti over 65 (fonte dati Eurostat Community Statistics on Information Societies).

La ricerca evidenza come in Italia l’uso dei social, ma anche in genere del computer e delle nuove tecnologie, da parte degli over 65 sia influenzato in maniera importante dal livello di istruzione: più è basso, meno marcata è la propensione, che invece è almeno quattro volte superiore in soggetti con livelli di istruzione più elevati. Mancano quindi, nelle fasce meno istruite e verosimilmente a basso reddito, le competenze digitali di base per sfruttare le potenzialità del mondo online.

Rispetto a quanto l’utilizzo di queste nuove tecnologie possa poi aiutare gli anziani a combattere la solitudine e a mantenere integre le funzioni cognitive più di quanto avvenga attraverso le relazioni sociali tradizionali sono stati presentati anche i risultati di un esperimento sociale condotto dalla Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso in collaborazione con i ricercatori di Milano-Bicocca, su 150 anziani. E’ emerso che chi ha utilizzato lo smartphone per due mesi (tanto è durato il test) non ha riportato miglioramenti rispetto a coloro che sono stati impegnati in attività di socializzazione tradizionali. C’è quindi domandarsi fino a che punto la scarsa confidenza con i social determini esclusione sociale.

In un’intervista rilasciata al quotidiano Il Giorno a firma di Francesco Pellegatta, la professoressa Sala ha chiarito il suo punto di vista: “”La questione è complessa. Ci può essere esclusione quando all’utilizzo di questi mezzi è associato l’accesso a determinate risorse, anche sociali: il contatto con i nipoti, i familiari, gli amici, le informazioni sugli eventi che si svolgono in città. I social possono rafforzare i legami tra gli individui e in questo senso sì, la poca propensione alle nuove tecnologie può essere un fattore di esclusione. D’altronde in società molto digitalizzate come quelle del nord Europa queste competenze sono necessarie, mentre da noi il rischio – a fronte di un basso livello generale di istruzione – è che la digitalizzazione crei ancora più difficoltà nelle categorie fragili”.

Quali soluzioni vengono proposte per colmare il divario digitale e arricchire gli anziani delle competenze digitali? I sociologi suggeriscono di favorire uno scambio peer to peer, da anziani “digital” ad anziani neofiti, ma ipotizzano anche un maggiore coinvolgimento dei gestori stessi dei social. Il tema sarà oggetto di una prossima ricerca e senz’altro rientra tra le priorità da affrontare in maniera sistematica e continuativa perché il gap digitale non resti una barriera sempre più invalicabile per gli anziani.